''Il mio crimine è stato quello di essere nato e cresciuto in una famiglia di tradizioni mafiose, e di aver vissuto in una società dove tutti sono mafiosi e per questo rispettati, mentre quelli che non lo sono vengono disprezzati''. Leonardo Vitale nasce in una famiglia affiliata a cosa nostra, lo zio paterno Giovanbattista detto ''Titta'' è alla guida della cosca mafiosa di Baida dove Leonardo si forma come uomo di mafia trovandosi anche costretto a uccidere. Il 29 marzo 1973 dovrebbe essere una data storica per l'Italia, ma in realtà nessuno la ricorda, pochi ne hanno parlato, tranne Giovanni Falcone 20 anni dopo. Quel giorno Vitale si presentò alla questura di Palermo e dichiarò che stava attraversando una crisi religiosa e intendeva cominciare una nuova vita; si autoaccusò di due omicidi, di un tentato omicidio, di estorsione e di altri reati minori, e fece i nomi di Salvatore Riina, Giuseppe Calò,
Vito Ciancimino ed altri mafiosi, collegandoli a precise circostanze, e rivelò per primo l'esistenza di una ''Commissione'', descrivendo anche il rito di iniziazione di cosa nostra e l'organizzazione di una famiglia mafiosa. Quelle dichiarazioni lo trasformarono nel primo e ultimo ''pentito di mafia'' il 29 marzo 1973, L'Italia avrebbe potuto conoscere il suo primo pentito di mafia e invece quello è il giorno in cui un uomo sano, pentito delle sue azioni entra dentro la casa dello stato, consegna informazioni molto scomode e diventa pazzo.
Atto di dolore vuole essere un viaggio dentro la mente di quest'uomo, dai suoi primi passi nel modo mafioso al calvario del manicomio e delle torture fino al giorno in cui riacquista la libertà e viene ucciso da cosa nostra per aver violato le leggi dell'omertà.